Actes (CEI) 22

Arringa di Paolo ai Giudei di Gerusalemme

22 1 «Fratelli e padri, ascoltate la mia difesa davanti a voi».2 Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero silenzio ancora di più.3 Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi.4 Io perseguitai a morte questa nuova dottrina, arrestando e gettando in prigione uomini e donne,5 come può darmi testimonianza il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro ricevetti lettere per i nostri fratelli di Damasco e partii per condurre anche quelli di là come prigionieri a Gerusalemme, per essere puniti.6 Mentre ero in viaggio e mi avvicinavo a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una gran luce dal cielo rifulse attorno a me;7 caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?8 Risposi: Chi sei, o Signore? Mi disse: Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti.9 Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono colui che mi parlava.10 Io dissi allora: Che devo fare, Signore? E il Signore mi disse: Alzati e prosegui verso Damasco; là sarai informato di tutto ciò che è stabilito che tu faccia.11 E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni, giunsi a Damasco.12 Un certo Anania, un devoto osservante della legge e in buona reputazione presso tutti i Giudei colà residenti,13 venne da me, mi si accostò e disse: Saulo, fratello, torna a vedere! E in quell'istante io guardai verso di lui e riebbi la vista.14 Egli soggiunse: Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca,15 perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito.16 E ora perché aspetti? Alzati, ricevi il battesimo e lavati dai tuoi peccati, invocando il suo nome.17 Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi18 e vidi Lui che mi diceva: Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me.19 E io dissi: Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nella sinagoga quelli che credevano in te;20 quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anch'io ero presente e approvavo e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano.21 Allora mi disse: Và, perché io ti manderò lontano, tra i pagani».


Paolo, cittadino romano

22 Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma allora alzarono la voce gridando: «Toglilo di mezzo; non deve più vivere!».23 E poiché continuavano a urlare, a gettar via i mantelli e a lanciar polvere in aria,24 il tribuno ordinò di portarlo nella fortezza, prescrivendo di interrogarlo a colpi di flagello al fine di sapere per quale motivo gli gridavano contro in tal modo.25 Ma quando l'ebbero legato con le cinghie, Paolo disse al centurione che gli stava accanto: «Potete voi flagellare un cittadino romano, non ancora giudicato?».26 Udito ciò, il centurione corse a riferire al tribuno: «Che cosa stai per fare? Quell'uomo è un romano!».27 Allora il tribuno si recò da Paolo e gli domandò: «Dimmi, tu sei cittadino romano?». Rispose: «Sì».28 Replicò il tribuno: «Io questa cittadinanza l'ho acquistata a caro prezzo». Paolo disse: «Io, invece, lo sono di nascita!».29 E subito si allontanarono da lui quelli che dovevano interrogarlo. Anche il tribuno ebbe paura, rendendosi conto che Paolo era cittadino romano e che lui lo aveva messo in catene.


Comparsa davanti al sinedrio

30 Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i sommi sacerdoti e tutto il sinedrio; vi fece condurre Paolo e lo presentò davanti a loro.


23 1 Con lo sguardo fisso al sinedrio Paolo disse: «Fratelli, io ho agito fino ad oggi davanti a Dio in perfetta rettitudine di coscienza».2 Ma il sommo sacerdote Anania ordinò ai suoi assistenti di percuoterlo sulla bocca.3 Paolo allora gli disse: «Dio percuoterà te, muro imbiancato! Tu siedi a giudicarmi secondo la legge e contro la legge comandi di percuotermi?».4 E i presenti dissero: «Osi insultare il sommo sacerdote di Dio?».5 Rispose Paolo: «Non sapevo, fratelli, che è il sommo sacerdote; sta scritto infatti: Non insulterai il capo del tuo popolo».6 Paolo sapeva che nel sinedrio una parte era di sadducei e una parte di farisei; disse a gran voce: «Fratelli, io sono un fariseo, figlio di farisei; io sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti».7 Appena egli ebbe detto ciò, scoppiò una disputa tra i farisei e i sadducei e l'assemblea si divise.8 I sadducei infatti affermano che non c'è risurrezione, né angeli, né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose.9 Ne nacque allora un grande clamore e alcuni scribi del partito dei farisei, alzatisi in piedi, protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest'uomo. E se uno spirito o un angelo gli avesse parlato davvero?».10 La disputa si accese a tal punto che il tribuno, temendo che Paolo venisse linciato da costoro, ordinò che scendesse la truppa a portarlo via di mezzo a loro e ricondurlo nella fortezza.
11
La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma».


Complotto dei Giudei contro Paolo

12 Fattosi giorno, i Giudei ordirono una congiura e fecero voto con giuramento esecratorio di non toccare né cibo né bevanda, sino a che non avessero ucciso Paolo.13 Erano più di quaranta quelli che fecero questa congiura.14 Si presentarono ai sommi sacerdoti e agli anziani e dissero: «Ci siamo obbligati con giuramento esecratorio di non assaggiare nulla sino a che non avremo ucciso Paolo.15 Voi dunque ora, insieme al sinedrio, fate dire al tribuno che ve lo riporti, col pretesto di esaminare più attentamente il suo caso; noi intanto ci teniamo pronti a ucciderlo prima che arrivi».16 Ma il figlio della sorella di Paolo venne a sapere del complotto; si recò alla fortezza, entrò e ne informò Paolo.17 Questi allora chiamò uno dei centurioni e gli disse: «Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha qualche cosa da riferirgli».18 Il centurione lo prese e lo condusse dal tribuno dicendo: «Il prigioniero Paolo mi ha fatto chiamare e mi ha detto di condurre da te questo giovanetto, perché ha da dirti qualche cosa».19 Il tribuno lo prese per mano, lo condusse in disparte e gli chiese: «Che cosa è quello che hai da riferirmi?».20 Rispose: «I Giudei si sono messi d'accordo per chiederti di condurre domani Paolo nel sinedrio, col pretesto di informarsi più accuratamente nei suoi riguardi.21 Tu però non lasciarti convincere da loro, poiché più di quaranta dei loro uomini hanno ordito un complotto, facendo voto con giuramento esecratorio di non prendere cibo né bevanda finché non l'abbiano ucciso; e ora stanno pronti, aspettando che tu dia il tuo consenso».22 Il tribuno congedò il giovanetto con questa raccomandazione: «Non dire a nessuno che mi hai dato queste informazioni».


Trasferimento di Paolo a Cesarea

23 Fece poi chiamare due dei centurioni e disse: «Preparate duecento soldati per andare a Cesarèa insieme con settanta cavalieri e duecento lancieri, tre ore dopo il tramonto.24 Siano pronte anche delle cavalcature e fatevi montare Paolo, perché sia condotto sano e salvo dal governatore Felice».25 Scrisse anche una lettera in questi termini:26 «Claudio Lisia all'eccellentissimo governatore Felice, salute.27 Quest'uomo è stato assalito dai Giudei e stava per essere ucciso da loro; ma sono intervenuto con i soldati e l'ho liberato, perché ho saputo che è cittadino romano.28 Desideroso di conoscere il motivo per cui lo accusavano, lo condussi nel loro sinedrio.29 Ho trovato che lo si accusava per questioni relative alla loro legge, ma che in realtà non c'erano a suo carico imputazioni meritevoli di morte o di prigionia.30 Sono stato però informato di un complotto contro quest'uomo da parte loro, e così l'ho mandato da te, avvertendo gli accusatori di deporre davanti a te quello che hanno contro di lui. Stà bene».31 Secondo gli ordini ricevuti, i soldati presero Paolo e lo condussero di notte ad Antipàtride.32 Il mattino dopo, lasciato ai cavalieri il compito di proseguire con lui, se ne tornarono alla fortezza.33 I cavalieri, giunti a Cesarèa, consegnarono la lettera al governatore e gli presentarono Paolo.34 Dopo averla letta, domandò a Paolo di quale provincia fosse e, saputo che era della Cilicia, disse:35 «Ti ascolterò quando saranno qui anche i tuoi accusatori». E diede ordine di custodirlo nel pretorio di Erode.


Il processo davanti a Felice

24 1 Cinque giorni dopo arrivò il sommo sacerdote Anania insieme con alcuni anziani e a un avvocato di nome Tertullo e si presentarono al governatore per accusare Paolo.2 Quando questi fu fatto venire, Tertullo cominciò l'accusa dicendo:3 «La lunga pace di cui godiamo grazie a te e le riforme che ci sono state in favore di questo popolo grazie alla tua provvidenza, le accogliamo in tutto e per tutto, eccellentissimo Felice, con profonda gratitudine.4 Ma per non trattenerti troppo a lungo, ti prego di darci ascolto brevemente nella tua benevolenza.5 Abbiamo scoperto che quest'uomo è una peste, fomenta continue rivolte tra tutti i Giudei che sono nel mondo ed è capo della setta dei Nazorei.6 Ha perfino tentato di profanare il tempio e noi l'abbiamo arrestato.7 .8 Interrogandolo personalmente, potrai renderti conto da lui di tutte queste cose delle quali lo accusiamo».9 Si associarono nell'accusa anche i Giudei, affermando che i fatti stavano così.


Discorso di Paolo davanti al governatore romano

10 Quando il governatore fece cenno a Paolo di parlare, egli rispose: «So che da molti anni sei giudice di questo popolo e parlo in mia difesa con fiducia.11 Tu stesso puoi accertare che non sono più di dodici giorni da quando mi sono recato a Gerusalemme per il culto.12 Essi non mi hanno mai trovato nel tempio a discutere con qualcuno o a incitare il popolo alla sommossa, né nelle sinagoghe, né per la città13 e non possono provare nessuna delle cose delle quali ora mi accusano.14 Ammetto invece che adoro il Dio dei miei padri, secondo quella dottrina che essi chiamano setta, credendo in tutto ciò che è conforme alla Legge e sta scritto nei Profeti,15 nutrendo in Dio la speranza, condivisa pure da costoro, che ci sarà una risurrezione dei giusti e degli ingiusti.16 Per questo mi sforzo di conservare in ogni momento una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini.17 Ora, dopo molti anni, sono venuto a portare elemosine al mio popolo e per offrire sacrifici;18 in occasione di questi essi mi hanno trovato nel tempio dopo che avevo compiuto le purificazioni. Non c'era folla né tumulto.19 Furono dei Giudei della provincia d'Asia a trovarmi, e loro dovrebbero comparire qui davanti a te ad accusarmi, se hanno qualche cosa contro di me;20 oppure dicano i presenti stessi quale colpa han trovato in me quando sono comparso davanti al sinedrio,21 se non questa sola frase che gridai stando in mezzo a loro: A motivo della risurrezione dei morti io vengo giudicato oggi davanti a voi!».


La cattività di Paolo a Cesarea

22 Allora Felice, che era assai bene informato circa la nuova dottrina, li rimandò dicendo: «Quando verrà il tribuno Lisia, esaminerò il vostro caso».23 E ordinò al centurione di tenere Paolo sotto custodia, concedendogli però una certa libertà e senza impedire a nessuno dei suoi amici di dargli assistenza.
24
Dopo alcuni giorni Felice arrivò in compagnia della moglie Drusilla, che era giudea; fatto chiamare Paolo, lo ascoltava intorno alla fede in Cristo Gesù.25 Ma quando egli si mise a parlare di giustizia, di continenza e del giudizio futuro, Felice si spaventò e disse: «Per il momento puoi andare; ti farò chiamare di nuovo quando ne avrò il tempo».
26
Sperava frattanto che Paolo gli avrebbe dato del denaro; per questo abbastanza spesso lo faceva chiamare e conversava con lui.27 Trascorsi due anni, Felice ebbe come successore Porcio Festo; ma Felice, volendo dimostrare benevolenza verso i Giudei, lasciò Paolo in prigione.


Paolo si appella a Cesare

25 1 Festo dunque, raggiunta la provincia, tre giorni dopo salì da Cesarèa a Gerusalemme.2 I sommi sacerdoti e i capi dei Giudei gli si presentarono per accusare Paolo e cercavano di persuaderlo,3 chiedendo come un favore, in odio a Paolo, che lo facesse venire a Gerusalemme; e intanto disponevano un tranello per ucciderlo lungo il percorso.4 Festo rispose che Paolo stava sotto custodia a Cesarèa e che egli stesso sarebbe partito fra breve.5 «Quelli dunque che hanno autorità tra voi, disse, vengano con me e se vi è qualche colpa in quell'uomo, lo denuncino».
6
Dopo essersi trattenuto fra loro non più di otto o dieci giorni, discese a Cesarèa e il giorno seguente, sedendo in tribunale, ordinò che gli si conducesse Paolo.7 Appena giunse, lo attorniarono i Giudei discesi da Gerusalemme, imputandogli numerose e gravi colpe, senza però riuscire a provarle.8 Paolo a sua difesa disse: «Non ho commesso alcuna colpa, né contro la legge dei Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare».9 Ma Festo volendo fare un favore ai Giudei, si volse a Paolo e disse: «Vuoi andare a Gerusalemme per essere là giudicato di queste cose, davanti a me?».10 Paolo rispose: «Mi trovo davanti al tribunale di Cesare, qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu sai perfettamente.11 Se dunque sono in colpa e ho commesso qualche cosa che meriti la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle accuse di costoro non c'è nulla di vero, nessuno ha il potere di consegnarmi a loro. Io mi appello a Cesare».12 Allora Festo, dopo aver conferito con il consiglio, rispose: «Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai».


Paolo compare davanti al re Agrippa

13 Erano trascorsi alcuni giorni, quando arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce, per salutare Festo.14 E poiché si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re il caso di Paolo: «C'è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale,15 durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono con accuse i sommi sacerdoti e gli anziani dei Giudei per reclamarne la condanna.16 Risposi che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l'accusato sia stato messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall'accusa.17 Allora essi convennero qui e io senza indugi il giorno seguente sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell'uomo.18 Gli accusatori gli si misero attorno, ma non addussero nessuna delle imputazioni criminose che io immaginavo;19 avevano solo con lui alcune questioni relative la loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere ancora in vita.20 Perplesso di fronte a simili controversie, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme ed esser giudicato là di queste cose.21 Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio dell'imperatore, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare».22 E Agrippa a Festo: «Vorrei anch'io ascoltare quell'uomo!». «Domani, rispose, lo potrai ascoltare».
23
Il giorno dopo, Agrippa e Berenìce vennero con gran pompa ed entrarono nella sala dell'udienza, accompagnati dai tribuni e dai cittadini più in vista; per ordine di Festo fu fatto entrare anche Paolo.24 Allora Festo disse: «Re Agrippa e cittadini tutti qui presenti con noi, voi avete davanti agli occhi colui sul conto del quale tutto il popolo dei Giudei si è appellato a me, in Gerusalemme e qui, per chiedere a gran voce che non resti più in vita.25 Io però mi sono convinto che egli non ha commesso alcuna cosa meritevole di morte ed essendosi appellato all'imperatore ho deciso di farlo partire.26 Ma sul suo conto non ho nulla di preciso da scrivere al sovrano; per questo l'ho condotto davanti a voi e soprattutto davanti a te, o re Agrippa, per avere, dopo questa udienza, qualcosa da scrivere.
27
Mi sembra assurdo infatti mandare un prigioniero, senza indicare le accuse che si muovono contro di lui».


Discorso di Paolo davanti al re Agrippa

26 1 Agrippa disse a Paolo: «Ti è concesso di parlare a tua difesa». Allora Paolo, stesa la mano, si difese così:2 «Mi considero fortunato, o re Agrippa, di potermi discolpare da tutte le accuse di cui sono incriminato dai Giudei, oggi qui davanti a te,3 che conosci a perfezione tutte le usanze e questioni riguardanti i Giudei. Perciò ti prego di ascoltarmi con pazienza.4 La mia vita fin dalla mia giovinezza, vissuta tra il mio popolo e a Gerusalemme, la conoscono tutti i Giudei;5 essi sanno pure da tempo, se vogliono renderne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto nella setta più rigida della nostra religione.6 Ed ora mi trovo sotto processo a causa della speranza nella promessa fatta da Dio ai nostri padri,7 e che le nostre dodici tribù sperano di vedere compiuta, servendo Dio notte e giorno con perseveranza. Di questa speranza, o re, sono ora incolpato dai Giudei!8 Perché è considerato inconcepibile fra di voi che Dio risusciti i morti?9 Anch'io credevo un tempo mio dovere di lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno,10 come in realtà feci a Gerusalemme; molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con l'autorizzazione avuta dai sommi sacerdoti e, quando venivano condannati a morte, anch'io ho votato contro di loro.11 In tutte le sinagoghe cercavo di costringerli con le torture a bestemmiare e, infuriando all'eccesso contro di loro, davo loro la caccia fin nelle città straniere.12 In tali circostanze, mentre stavo andando a Damasco con autorizzazione e pieni poteri da parte dei sommi sacerdoti, verso mezzogiorno13 vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viaggio.14 Tutti cademmo a terra e io udii dal cielo una voce che mi diceva in ebraico: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro è per te ricalcitrare contro il pungolo.15 E io dissi: Chi sei, o Signore? E il Signore rispose: Io sono Gesù, che tu perseguiti.16 Su, alzati e rimettiti in piedi; ti sono apparso infatti per costituirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto e di quelle per cui ti apparirò ancora.17 Per questo ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali ti mando18 ad aprir loro gli occhi, perché passino dalle tenebre alla luce e dal potere di satana a Dio e ottengano la remissione dei peccati e l'eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me.19 Pertanto, o re Agrippa, io non ho disobbedito alla visione celeste;20 ma prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusalemme e in tutta la regione della Giudea e infine ai pagani, predicavo di convertirsi e di rivolgersi a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione.21 Per queste cose i Giudei mi assalirono nel tempio e tentarono di uccidermi.22 Ma l'aiuto di Dio mi ha assistito fino a questo giorno, e posso ancora rendere testimonianza agli umili e ai grandi. Null'altro io affermo se non quello che i profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere,23 che cioè il Cristo sarebbe morto, e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai pagani».


Reazioni dell'uditorio

24 Mentr'egli parlava così in sua difesa, Festo a gran voce disse: «Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!».25 E Paolo: «Non sono pazzo, disse, eccellentissimo Festo, ma sto dicendo parole vere e sagge.26 Il re è al corrente di queste cose e davanti a lui parlo con franchezza. Penso che niente di questo gli sia sconosciuto, poiché non sono fatti accaduti in segreto.27 Credi, o re Agrippa, nei profeti? So che ci credi».28 E Agrippa a Paolo: «Per poco non mi convinci a farmi cristiano!».29 E Paolo: «Per poco o per molto, io vorrei supplicare Dio che non soltanto tu, ma quanti oggi mi ascoltano diventassero così come sono io, eccetto queste catene!».
30
Si alzò allora il re e con lui il governatore, Berenìce, e quelli che avevano preso parte alla seduta31 e avviandosi conversavano insieme e dicevano: «Quest'uomo non ha fatto nulla che meriti la morte o le catene».32 E Agrippa disse a Festo: «Costui poteva essere rimesso in libertà, se non si fosse appellato a Cesare».


La partenza per Roma

27 1 Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l'Italia, consegnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio della coorte Augusta.2 Salimmo su una nave di Adramitto, che stava per partire verso i porti della provincia d'Asia e salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macèdone di Tessalonica.3 Il giorno dopo facemmo scalo a Sidone e Giulio, con gesto cortese verso Paolo, gli permise di recarsi dagli amici e di riceverne le cure.4 Salpati di là, navigammo al riparo di Cipro a motivo dei venti contrari5 e, attraversato il mare della Cilicia e della Panfilia, giungemmo a Mira di Licia.6 Qui il centurione trovò una nave di Alessandria in partenza per l'Italia e ci fece salire a bordo.7 Navigammo lentamente parecchi giorni, giungendo a fatica all'altezza di Cnido. Poi, siccome il vento non ci permetteva di approdare, prendemmo a navigare al riparo di Creta, dalle parti di Salmone,8 e costeggiandola a fatica giungemmo in una località chiamata Buoni Porti, vicino alla quale era la città di Lasèa.


La tempesta e il naufragio

9 Essendo trascorso molto tempo ed essendo ormai pericolosa la navigazione poiché era gia passata la festa dell'Espiazione, Paolo li ammoniva dicendo:10 «Vedo, o uomini, che la navigazione comincia a essere di gran rischio e di molto danno non solo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre vite».11 Il centurione però dava più ascolto al pilota e al capitano della nave che alle parole di Paolo.12 E poiché quel porto era poco adatto a trascorrervi l'inverno, i più furono del parere di salpare di là nella speranza di andare a svernare a Fenice, un porto di Creta esposto a libeccio e a maestrale.13 Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco, convinti di potere ormai realizzare il progetto, levarono le ancore e costeggiavano da vicino Creta.14 Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l'isola un vento d'uragano, detto allora «Euroaquilone».15 La nave fu travolta nel turbine e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balìa, andavamo alla deriva.16 Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Càudas, a fatica riuscimmo a padroneggiare la scialuppa;17 la tirarono a bordo e adoperarono gli attrezzi per fasciare di gòmene la nave. Quindi, per timore di finire incagliati nelle Sirti, calarono il galleggiante e si andava così alla deriva.18 Sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno seguente cominciarono a gettare a mare il carico;19 il terzo giorno con le proprie mani buttarono via l'attrezzatura della nave.20 Da vari giorni non comparivano più né sole, né stelle e la violenta tempesta continuava a infuriare, per cui ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta.21 Da molto tempo non si mangiava, quando Paolo, alzatosi in mezzo a loro, disse: «Sarebbe stato bene, o uomini, dar retta a me e non salpare da Creta; avreste evitato questo pericolo e questo danno.22 Tuttavia ora vi esorto a non perdervi di coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave.23 Mi è apparso infatti questa notte un angelo del Dio al quale appartengo e che servo,24 dicendomi: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare ed ecco, Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione.25 Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che avverrà come mi è stato annunziato.26 Ma è inevitabile che andiamo a finire su qualche isola».27 Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell'Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l'impressione che una qualche terra si avvicinava.28 Gettato lo scandaglio, trovarono venti braccia; dopo un breve intervallo, scandagliando di nuovo, trovarono quindici braccia.29 Nel timore di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che spuntasse il giorno.30 Ma poiché i marinai cercavano di fuggire dalla nave e gia stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prora, Paolo disse al centurione e ai soldati:31 «Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo».32 Allora i soldati recisero le gòmene della scialuppa e la lasciarono cadere in mare.33 Finché non spuntò il giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo: «Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nell'attesa, senza prender nulla.34 Per questo vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto».35 Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.36 Tutti si sentirono rianimati, e anch'essi presero cibo.37 Eravamo complessivamente sulla nave duecentosettantasei persone.38 Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.39 Fattosi giorno non riuscivano a riconoscere quella terra, ma notarono un'insenatura con spiaggia e decisero, se possibile, di spingere la nave verso di essa.40 Levarono le ancore e le lasciarono andare in mare; al tempo stesso allentarono i legami dei timoni e spiegata al vento la vela maestra, mossero verso la spiaggia.41 Ma incapparono in una secca e la nave vi si incagliò; mentre la prua arenata rimaneva immobile, la poppa minacciava di sfasciarsi sotto la violenza delle onde.42 I soldati pensarono allora di uccidere i prigionieri, perché nessuno sfuggisse gettandosi a nuoto,43 ma il centurione, volendo salvare Paolo, impedì loro di attuare questo progetto; diede ordine che si gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiunsero la terra;44 poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra.


Soggiorno a Malta

28 1 Una volta in salvo, venimmo a sapere che l'isola si chiamava Malta.2 Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo.3 Mentre Paolo raccoglieva un fascio di sarmenti e lo gettava sul fuoco, una vipera, risvegliata dal calore, lo morse a una mano.4 Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli indigeni dicevano tra loro: «Certamente costui è un assassino, se, anche scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere».5 Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non ne patì alcun male.6 Quella gente si aspettava di vederlo gonfiare e cadere morto sul colpo, ma, dopo avere molto atteso senza vedere succedergli nulla di straodinario, cambiò parere e diceva che era un dio.7 Nelle vicinanze di quel luogo c'era un terreno appartenente al "primò'dell'isola, chiamato Publio; questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni.8 Avvenne che il padre di Publio dovette mettersi a letto colpito da febbri e da dissenteria; Paolo l'andò a visitare e dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì.9 Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano malattie accorrevano e venivano sanati;10 ci colmarono di onori e al momento della partenza ci rifornirono di tutto il necessario.


Da Malta a Roma

11 Dopo tre mesi salpammo su una nave di Alessandria che aveva svernato nell'isola, recante l'insegna dei Diòscuri.12 Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni13 e di qui, costeggiando, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l'indomani arrivammo a Pozzuoli.14 Qui trovammo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana. Partimmo quindi alla volta di Roma.15 I fratelli di là, avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Taverne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio.
16
Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per suo conto con un soldato di guardia.


Presa di contatto con i Giudei di Roma

17 Dopo tre giorni, egli convocò a sé i più in vista tra i Giudei e venuti che furono, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo e contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato in mano dei Romani.
18
Questi, dopo avermi interrogato, volevano rilasciarmi, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte.
19
Ma continuando i Giudei ad opporsi, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere con questo muovere accuse contro il mio popolo.
20
Ecco perché vi ho chiamati, per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d'Israele che io sono legato da questa catena».
21
Essi gli risposero: «Noi non abbiamo ricevuto nessuna lettera sul tuo conto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a parlar male di te.
22
Ci sembra bene tuttavia ascoltare da te quello che pensi; di questa setta infatti sappiamo che trova dovunque opposizione».


Dichiarazione di Paolo ai Giudei di Roma

23 E fissatogli un giorno, vennero in molti da lui nel suo alloggio; egli dal mattino alla sera espose loro accuratamente, rendendo la sua testimonianza, il regno di Dio, cercando di convincerli riguardo a Gesù, in base alla Legge di Mosè e ai Profeti.
24
Alcuni aderirono alle cose da lui dette, ma altri non vollero credere
25
e se ne andavano discordi tra loro, mentre Paolo diceva questa sola frase: «Ha detto bene lo Spirito Santo, per bocca del profeta Isaia, ai nostri padri:
26
Và da questo popolo e dì loro: Udrete con i vostri orecchi, ma non comprenderete; guarderete con i vostri occhi, ma non vedrete.
27
Perché il cuore di questo popolo si è indurito: e hanno ascoltato di mala voglia con gli orecchi; hanno chiuso i loro occhi per non vedere con gli occhi non ascoltare con gli orecchi, non comprendere nel loro cuore e non convertirsi, perché io li risani.
28
Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani ed essi l'ascolteranno!».
29
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Epilogo

30 Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui,
31
annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.


Actes (CEI) 22